Napoli (Napule in napoletano) è un comune capoluogo della provincia omonima e della regione Campania. È la maggiore città del Mezzogiorno d'Italia ed è situata tra il Vesuvio e l'area vulcanica dei Campi Flegrei. Il suo centro storico - conosciuto in tutto il mondo e meta di turisti provenienti da ogni dove - è uno dei siti che l'UNESCO ha dichiarato patrimonio dell'umanità. Oggi Napoli - una malìosa città, secondo le parole di Vittorio De Sica nel film del 1954 "La baia di Napoli" - è al centro di una vastissima area metropolitana che comprende al suo interno l'intera provincia partenopea e larghe parti delle province confinanti di Salerno, Caserta e Avellino.



STORIA DI NAPOLI

La città fu probabilmente fondata degli abitanti della colonia greca di Cuma attorno all'VIII secolo AC, dove sorgeva l'antica città di Partenope sull'attuale Monte Echia; per questa ragione fu chiamata Néa-pólis, «città nuova». Nel 476 Romolo Augustolo, l'ultimo degli imperatori romani, venne deposto ed imprigionato presso Castel dell'Ovo, a quel tempo villa romana fortificata. Molti imperatori romani a lui precedenti - Claudio, Tiberio, Nerone - trascorsero a Napoli le loro pause dal governo dell'Impero in eleganti ville di cui ora rimangono i resti. Nel VI secolo venne sottratta ai Goti dall'impero bizantino durante il tentativo di Giustiniano I di ricreare l'impero. Divenne poi Ducato autonomo, sotto la giurisdizione solo nominale di Bisanzio, e grazie alla lungimiranza dei suo capi e dei suoi vescovi (vedi Ducato di Napoli) resistette ai tentativi di conquista da parte dei Longobardi, dei Franchi e dei Saraceni e fu uno degli ultimi territori a cadere nelle mani dei Normanni nel 1137, quando il Ducato scomparve e venne fondato il Regno di Sicilia, con capitale Palermo. La città passò poi agli svevi con Federico II, che nel 1224 vi istituì l'Università, la seconda della penisola, e la prima statale.

Nel 1266 il papa Clemente IV assegnò Napoli ed il Regno di Sicilia a Carlo d'Angiò, che spostò la capitale da Palermo a Napoli. Nel 1284, in seguito alla rivolta dei Vespri Siciliani, il regno fu diviso in due parti, che reclamavano entrambe il titolo di Regno di Sicilia. Le due parti rimasero formalmente separate fino al 1816 (vedi Regno di Napoli), quando formarono insieme il Regno delle Due Sicilie. Il Regno di Napoli venne conquistato dagli Aragonesi nel 1442 e, in seguito, dagli spagnoli nel 1501, che lo tennero fino al 1707. Nel periodo di dominio spagnolo nacquero i quarteras, oggi meglio conosciuti come Quartieri Spagnoli (in vernacolo 'e quartieri), e cominciò a consolidarsi il ruolo della camorra. Nel corso della Guerra di successione spagnola, l'Austria conquistò Napoli e la tenne fino al 1734, quando con Carlo III di Borbone - dopo la guerra di successione polacca - il regno tornò indipendente. Sotto Carlo III Napoli divenne una delle principali capitale europee, e l'opera di Carlo (che nel 1759 lasciò Napoli per assumere la corona di Spagna) fu continuata dal figlio Ferdinando IV, finché non venne rovesciato dalle correnti rivoluzionarie e dalle truppe francesi nel 1799. La Repubblica Napoletana sorta nel 1799 sul modello di quella francese ebbe vita breve ma intensa, non incontrando però mai il favore popolare essendo i suoi esponenti intellettuali molto lontani dalla conoscenza delle necessità reali del popolo. La Repubblica inoltre, sebbene non riconosciuta dalla Francia, fu di fatto sottoposta a una "dittatura di guerra" francese che ne limitò di molto l'autonomia e la costrinse a sostenere le ingenti spese causate principalmente dalle richieste dell'esercito francese costantemente in armi sul suo territorio. A questo si aggiunse una fortissima repressione contro gli oppositori del nuovo regime che certo non aiutò a conquistare le simpatie popolari (alcune fonti parlano di oltre 1500 persone condannate a morte e fucilate dopo sommari "processi politici" in tutto il Regno).

La Repubblica fu comunque spazzata via dopo pochi mesi dalle armate dei cosiddetti "lazzari" (i popolani napoletani filo-borbonici) comandati dal cardinale laico Fabrizio Ruffo, appoggiato dalla flotta inglese. La riconquista di Napoli da parte di Ferdinando fu però segnata dalla repressione nei confronti dei maggiori esponenti della Repubblica Napoletana, seguita da circa un centinaio di esecuzioni. Dopo pochi anni, comunque, nel 1806, Napoli fu conquistata nuovamente dai francesi (nonostante la vittoria anglo-napoletana di Maida, in Calabria). La guerra continuò fino al 1808 quando tutta la parte continentale del Regno fu conquistata e posta sotto il controllo di Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone. Nel 1811 il re Gioacchino Napoleone Murat, grande urbanista, vi fece istituire la Scuola di applicazione per il corpo degli ingegneri di ponti e strade, costituitasi come Scuola superiore politecnica ai primi del XX secolo per poi essere aggregata all'attuale università Federico II diventando, nel 1935, la prima facoltà di Ingegneria in Italia. Murat sopravvisse di poco a Napoleone e fu spodestato dai Borbone; tentò con un sbarco in Calabria la riconquista del regno, finendo fucilato. Ritornato in mano a Ferdinando e ai Borbone, nel 1860 il Regno delle Due Sicilie, fino ad allora indipendente, fu conquistato dai Giuseppe Garibaldi e poi dalle truppe del Regno di Sardegna e annesso al Regno d'Italia, nonostante una guerra di resistenza durata circa un decennio e denominata brigantaggio.

L'attuale comune è composto dalla città storica (corrispondente ai quartieri circoscrizionali di Avvocata, Chiaia, Mercato, Montecalvario, Pendino, Porto, Posillipo, San Carlo all'Arena, San Giuseppe, San Lorenzo, Stella, Vicarìa), da alcune frazioni fuse con la città a varie fasi anche per volere di Gioacchino Murat (Arenella, Bagnoli, Miano, Piscinola, Rione Flegreo o Fuorigrotta, Vomero) e dai comuni aggregati durante il regime fascista (attualmente suddivisi nei quartieri di Barra, Chiaiano, Marianella, Pianura, Soccavo, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, San Pietro a Patierno, Secondigliano, Scampìa). I quartieri più popolosi sono quelli corrispondenti al territorio dei comuni aggregati sotto il fascismo. La sovrappopolazione di tali zone, che fanno da sole i due terzi della popolazione della città, è dovuta principalmente alla scelta politica - poi rivelatasi fallimentare - di individuare in quei luoghi le aree in cui realizzare gli agglomerati ex lege 167/1962 (edilizia residenziale pubblica) e lege 219/1981 (edilizia residenziale pubblica per i terremotati del 1980). Questa improvvisa 'periferizzazione' di tali aree, senza che fossero approntate adeguate infrastrutture funzionali all'edilizia popolare che vi si andava sviluppando, ha portato sul medio periodo a degli indubbi disagi sociali che sono sfociati nella formazione di folti gruppi microdelinquenziali. Negli ultimi anni il Comune si sta adoperando, anche grazie ai fondi della legge 328/2000, per tentare di ristabilire gli equilibri in queste aree, rimaste profondamente segnate dalla perdita della propria identità. La denominazione dei confini e dei quartieri è stata definita con delibera del consiglio comunale tenendo conto, quali criteri generali, delle denominazioni storiche e dei confini amministrativi degli ex comuni autonomi. I quartieri sono raggruppati in 21 circoscrizioni (Chiaia - San Ferdinando - Posillipo, San Lorenzo - Vicarìa, Mercato - Pendino, Avvocata - Montecalvario - San Giuseppe - Porto, Stella - San Carlo all'Arena, Bagnoli, Soccavo, Pianura, Vomero, Arenella, Marianella - Piscinola, Miano, Chiaiano, Secondigliano, San Pietro a Patierno, Poggioreale, Ponticelli, Barra, San Giovanni a Teduccio, Scampìa e Fuorigrotta, che corrisponde al territorio del quartiere Rione Flegreo), con poteri per lo più consultivi. Per ogni circoscrizione sono presenti una o più sezioni comunali, i cui servizi demografici sono coordinati dai servizi anagrafe circoscrizionali, ognuna delle quali detiene un proprio ufficio di stato civile (con registri separati per singolo quartiere).

A Napoli vengono spesso preferite dai turisti le attrazioni dei dintorni, quali Pompei, la Reggia di Caserta, Capri, la Costiera amalfitana; la città è tuttavia ricca di un patrimonio culturale senza eguali che negli ultimi anni è stato fortemente rivalutato grazie anche a eventi annuali quali il Maggio dei Monumenti.

Napoli è particolarmente nota per i suoi castelli: il Castel dell'Ovo che è parte integrante del notissimo panorama del Golfo; il Maschio Angionio o Castel Nuovo che domina Piazza Municipio; il Castel Sant'Elmo che sovrasta la città dall'alto di San Martino. Il Castel dell'Ovo è così chiamato perché secondo la leggenda Virgilio vi nascose nelle segrete un uovo che reggeva tutta la struttura dell'edificio, e che nel momento in cui fosse stato rotto avrebbe fatto crollare il castello e portato catastrofi alla città. Esso sorge sull'isolotto di Megaride, dove nel VII secolo a.C. sbarcarono i Cumani che fondarono Partenope. Vi fu costruita la villa del romano Lucio Licinio Lucullo, fortificata da Valentiniano III e che ospitò il deposto ultimo imperatore romano Romolo Augostolo, mortovi poco dopo. Dopo alterne vicende, nel XII secolo fu ricostruito dai Normanni e poi ristrutturato dagli Aragonesi. Attualmente vi si svolgono mostre e convegni e l'ingresso è libero. Notevole la maestosità della fortezza e la terrazza dei cannoni. Molto caratteristico il Borgo marinaro che si sviluppa alla base dell'edificio. Il Maschio Angioino fu costruito tra il 1279 e il 1282 da Carlo I d'Angiò ed adibito a palazzo reale sotto la sua dinastia. Sotto Roberto d'Angiò vi soggiornarono tra gli altri Petrarca e Boccaccio. Dopo la conquista aragonese, il castello fu rinforzato e assunse la conformazione attuale più vicina a quella di fortezza. Imponenti le cinque torri di piperno e tufo che delimitano le spesse mura. Il fossato da tempo prosciugato alimentò la leggenda del coccodrillo, secondo cui appunto un coccodrillo azzannava di nascosto i prigionieri delle segrete. L'arco di trionfo in marmo all'ingresso del castello fu costruito nel '400 dagli Aragonesi. La monumentale Sala dei Baroni, che oggi ospita le riunioni del Consiglio comunale, era la sala centrale del castello. Fu così chiamata perché nel 1487 vi furono arrestati i baroni che congiurarono contro Ferrante I d'Aragona, da lui appunto riuniti lì per celebrare le nozze della nipote. Oggi l'edificio ospita il Museo Civico. Il Castel Sant'Elmo fu edificato sulla cima della collina del Vomero verso il 1275 da Carlo I d'Angiò col nome di Belforte. Completamente ristrutturato tra il 1538 e il 1546 dal viceré Don Pedro de Toledo, assunse l'attuale pianta a stella. Fu teatro delle ultime disperate difese dei patrioti della Repubblica napoletana contro la reazione borbonica nel 1799. Oggi ospita spesso eventi di livello internazionale grazie alla sua vastità e imponenza e grazie al bellissimo panorma che offre sulla città.

Il Palazzo reale è stato fulcro del potere a Napoli dal 1600 al 1946. Edificato per volere del viceré Fernando Ruiz de Castro, fu relizzato da Domenico Fontana (di cui particolarmente notevole è la monumentale facciata su Piazza Plebiscito) e rimaneggiato più volte dai vari sovrani. Le sale sono sontuosamente arredate e affrescate in stili spesso diversi a seconda dei sovrani che vi abitarono. Di particolare magnificenza lo Scalone d'Onore in marmo. Il giardino esotico fu realizzato nel 1841. La facciata fu arricchita alla fine dell'Ottocento dalle grandi statue dei principali Re di Napoli: Ruggero il Normanno, Federico II di Svevia, Carlo I d'Angiò, Alfonso I d'Aragona, Carlo V d'Asburgo, Carlo III di Borbone, Gioacchino Murat, Vittorio Emanuele II di Savoia. Fu abitato dai Savoia fino al 1946.

La Reggia di Capodimonte fu edificata da Carlo III nel Settecento nella già preesistente riserva di caccia dell'omonima collina. Vi abitarono Ferdinando IV e Gioacchino Murat, e nel 1950 è diventata Museo Nazionale. Nei saloni ospita opere di Michelangelo, Raffaello, Botticelli e Caravaggio, nonché un'importante collezione di porcellane. Il vasto parco che circonda il palazzo è il principale polmone verde della città e meta favorita delle famiglie napoletane nei finesettimana. Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli fu inizialmente progettato nel Seicento come università, ma solo fra il 1834 e il 1860 divenne vero e proprio museo allorché Ferdinando IV vi trasferì i marmi della pregevole collezione Farnese. Attualmente contiene un'ampia raccolta di manufatti risalenti all'epoca romana, provenienti dai siti di Pompei ed Ercolano, marmi, mosaici, nonché un'impotante raccolta egiziana. La sua importanza è primaria nel circuito dei musei mondiali. Il Teatro San Carlo, inaugurato il 4 novembre del 1737 è il più vecchio teatro d'opera attivo oggi in Europa. Nel 1816 fu restaurato in seguito a un incendio, e l'attuale facciata, la loggia e l'atrio risalgono ad allora. Tra i direttori artistici del teatro si annoverano Gioacchino Rossini e Gaetano Donizetti.

Guardando la città dall'alto la prima cosa che attira l'osservatore è l'enorme numero di cupole e croci che contraddistinugono le molteplici chiese. Napoli è infatti caratterizzata dal vastissimo numero di edifici religiosi storici. Tra i principali spicca il monastero di Santa Chiara, nel cuore del centro storico della città, edificato tra il 1310 e il 1340 per volere di Roberto d'Angiò. All'originale pianta gotica seguì una ristrutturazione barroca nel Seicento, finché nel 1943 non venne quasi interamente distrutta dai massicci bombardamenti degli Alleati e completamente restaurata nella sua originale forma gotica. L'interno, che colpisce per la vastità e la semplicità, ospita la tomba del re Roberto dietro l'altare maggiore e tra i sepolcri delle cappelle vi è quello della regina Maria Cristina di Savoia e dell'eroe nazionale Salvo d'Acquisto, il carabiniere che sotto l'occupazione nazista si sacrificò per salvare alcuni civili innocenti. Di qualità artistica notevole è il chiostro maiolicato delle Clarisse, una piccola oasi di pace in un giardino delimitato da un chiostro rivestito di mattonelle in maiolica policroma del Settecento. La Chiesa del Gesù Nuovo è sita nella piazza omonima, nei pressi di Santa Chiara. Inaugurata nel 1597, fu voluta dai gesuiti ed edificata sul sito dove già si trovava il palazzo Sanseverino del principe di Salerno. In puro stile barocco, l'interno è riccamente decorato con stucchi in oro, statue ed affreschi (la maggior parte dei quali di Belisario Corenzio); vi si onorano numerosi santi, tra cui Ignazio di Loyola e Giuseppe Moscati. Il Duomo assume un'importanza centrale sul piano storico. Sul suo sito esisteva probabilmente un tempio ad Apollo, e la prima cattedrale fu fatta edificare da Costantino nel IV secolo. Il Duomo vero e proprio fu costruito sotto gli Angiò, ma rimenaggiato continuamente nei secoli al punto da essere un insieme di vari stili: facciata pseudo neogotica costruita nell'Ottocento, portali in gotico fiorito, interni in buona parte barocchi: in particolare in puro barocco napoletano è la Cappella del Tesoro. Fulcro della chiesa, la Cappella ospita la statua bronzea di San Gennaro e 51 statue d'argento dei "compatroni". Il tesoro è formato da varie donazioni di sovrani e ricchi devoti, tra cui spicca la mitra d'argento di Matteo Treglia arricchita di pietre preziose. Nella Cappella è anche custodito il cranio del santo e soprattutto l'ampolla che racchiude il suo sangue, oggetto del "miracolo" più celebre del mondo, quello della liquefazione. La chiesa di San Domenico Maggiore è anch'essa frutto di una stratifcazione di stili: edificata tra il 1283 e il 1324 sotto Carlo II d'Angiò, fu poi restaurata dopo vari dissesti nel Seicento in chiave barocca ma un tentativo di riproporne l'originale assetto gotico fu fatto nell'Ottocento. Nel Cappellone del Crocifisso è conservato appunto un crocifisso che si dice abbia parlato a Tommaso d'Aquino, il quale insegnò teologia nell'attiguo convento all'epoca Università. La Sacrestia è affrescata con Il trionfo dell'Ordine Domenicano (che appunto abitavano la chiesa) di Francesco Solimena e vi sono sepolti sovrani e nobili Aragonesi. La Cappella San Severo fu probabilmente edificata da Giovan Francesco di Sangro duca di Torremaggiore nel 1590 ed adibita ad ospitare le tombe della famiglia San Severo. Tra le numerosissime e importanti statue spicca La Pudicizia di Antonio Corradini, particolare per la sua sensualità, e il celeberrimo Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino del 1753 in cui sgomenta la capacità artistica di riprodurre l'effetto del velo marmoreo sul corpo del Cristo: l'opera attirò il Canova nel suo soggiorno napoletano, al punto che tentò invano di acquistarla. Per concludere questa carrelata comunque incompleta, da citare è San Lorenzo Maggiore. Edificata da Carlo I d'Angiò nel Duecento sul sito di una chiesa paleocristiana i cui resti sono stati riportati recentemente alla luce, come sempre fu rimaneggiata nei secoli ed è un misto di barocco e gotico. La torre del campanile fu teatro della rivolta di Masaniello. Nell'interno sono ospitate le tombe di Caterina d'Austria, Carlo e Giovanna di Durazzo, Roberto d'Artois. In questa chiesa Giovanni Bocaccio incontrò il suo amore Fiammetta, e Francesco Petrarca vi pregò la notte del 4 novembre 1343 terrorizzato dalla predizione di una spaventosa tempesta fatta da un eremita.

Arteria principale di Napoli e di certo strada preferita dai napoletani è Via Toledo, fino a pochi anni fa denominata "Via Roma" e che ora prende il nome del viceré Pedro de Toledo che la edificò nel 1536. Grazie alla pedonalizzazione effettuata, la lunga strada è ora fulcro dello shopping cittadino con i suoi numerosi negozi (soprattutto di abbigliamento) e del turismo con i suoi eleganti palazzi che vi si affacciano: il monumentale Banco di Napoli costruito nel ventennio fascista, il palazzo Doria D'Angri, il palazzo Colonna di Stigliano, la chiesa del Santo Spirito, piazzetta Fuga, l'accesso est della galleria Umberto I. Si collega a piazza Trieste e Trento e a quella del Plebiscito da un lato, dall'altro a Simbolo moderno di Napoli è Piazza del Plebiscito, dove hanno luogo manifestazioni e concerti che l'hanno resa celebre tra gli italiani. Su di essa si affaccia il Palazzo Reale e la particolare forma vi è data dal colonnato semicircolare della basilica di San Francesco di Paola, che forma un'ellisse ai cui fuochi sono poste due statue equestri, una di Antonio Canova raffigurante Carlo III e l'altra di Antonio Calì raffigurante Ferdinando IV. Molto care ai napoletani le statue dei leoni sul basamento ai lati del colonnato. La sua riscoperta è avvenuta sotto le amministrazioni degli anni '90 che l'hanno trasformata da parcheggio pubblico a centro turistico e luogo di iniziative culturali: nel cuore della piazza ogni anno verso Natale vengono relizzate singolari opere artistiche, attorno alle quali si dividono le opinioni dei curiosi cittadini che accorrono ad osservarle. Più antica è Piazza Dante: tra il Cinquecento e il Seicento era detto "Mercatello" perché vi si tenevano i mercati 'periferici', ma tra il 1757 e il 1765 fu completamente ricostruita sotto Carlo III da Luigi Vanvitelli, che edificò il monumentale emiciclo sulla cui sommità eresse ventisei statue raffiguranti le virtù del sovrano. Al centro della piazza la statua equestre di Carlo non fu mai posta, venne occupata dall'albero della libertà durante la Repubblica napoletana e poi dalla statua di Napoleone Bonaparte durante il regno di Murat. L'attuale statua di Dante Alighieri che dà il nome alla piazza fu posta dopo l'unità d'Italia. Al lato nord vi è Port'Alba col suo mercato dei libri e al lato sud la chiesa di San Michele. Nel 2002 è stata ristrutturata e resa ancora più spaziosa per ospitare la fermata della metroplitana. L'edificio vanvitelliano ospita il Convitto e Liceo Vittorio Emanuele. La zona di San Gregorio Armeno attira tra novembre e gennaio frotte di turisti da tutto il mondo. Vi si tiene il mercato del presepe, la grande tradizione natalizia napoletana, e le botteghe espongono i modelli più raffinati e più singolari di pastori, santi, gesù bambini e altre amenità. La via prende il nome dell'importante chiesa omonima, costruita tra il 1574 e il 1580 con affreschi interni di Luca Giordano. Ogni martedì vi si tiene il miracolo della liquefazione del sangue del dente di Santa Patrizia. Centrale è la zona di piazza del Gesù Nuovo e dell'attigua via Benedetto Croce: sulla piazza si affaccia la chiesa omonima mentre al centro si erge il monumentale obelisco alto 34 metri sulla cui cima è posta la statua bronzea della Madonna Immacolata eretta nel 1747. L'8 dicembre di ogni anno vi si tiene la cerimonia della posa di una corona di fiori sulla statua in cima alla colonna. Via Benedetto Croce prende invece il nome del grande filosofo napoletano d'origini abbruzzesi che in quella strada - e precisamente a Palazzo Filomarino - visse i principali anni della sua vita e fondò l'Istituto di Studi Storici. Ai lati della strada si affacciano palazzi storici, fino alla chiesa di Santa Chiara. Il lungomare di Napoli prende il nome di Via Caracciolo, in onore dell'ammiraglio omonimo della Repubblica napoletana impiccato da Orazio Nelson sulla sua nave nel golfo della città. La strada in realtà è recente, risale alla fine dell'Ottocento quando fu sottratta al mare che giungeva fino alla Riviera di Chiaia. Ora il lungomare ha alle spalle la Villa Comunale e si snoda per chilometri di passeggiata con vista. Negli ultimi anni l'amministrazione comunale ha reso balneabili le sottili spiagge vicino alle scogliere artificiali.La Villa Comunale fu fatta realizzare da Ferdinando IV nel 1780 per dare alla nobiltà napoletana un oasi di gran ricercatezza sul lungomare cittadino, impreziosendola di statue, fontane e alberi esotici ma proibita al popolo. Ben diversamente, oggi la Villa è tra le mete preferite dai napoletani soprattutto dopo che al degrado è subentrata una ristrutturazione negli ultimi anni '90 che l'ha recintata potenziando le infrastrutture ma conservando il progetto originale. Al suo interno di primaria importanza è la Stazione zoologica Antonio Dohrn, aperta al pubblico nel 1874: si tratta dell'acquario di Napoli e sito in un edificio neoclassico. È uno degli acquari più antichi e più famosi d'Europa. Oltre al già citato Parco di Capodimonte, attualmente principale polmone verde della città, la cui pianta odierna fu realizzata dal tedesco Friedrich Dehenhard nel 1833, è da citare la Villa Floridiana. Il parco prende il nome da Lucia Migliaccio duchessa di Floridia, seconda moglie di Ferdinando IV, che appunto abitò in questa villa del Vomero il cui grande parco fu relizzato nel 1817 da Dehenhard e Antonio Niccolini in stile neoclassico con statue, finte rovine, boschetti, anfratti e un teatrino di verzura all'aperto. Nella villa attualmente ha sede il Museo delle Ceramiche Duca di Martina mentre la zona panoramica sul golfo è da anni in ristrutturazione. Più periferica è l'oasi degli Astroni, diretta dal WWF, che si trova in una grande conca vulcanica risalente a 3700 anni fa nei Campi Flegrei. Riserva di caccia aragonese, poi di Carlo III, fu arricchita di alcune torri e casini di caccia ancora esistenti. Immersa completamente nel verde, l'oasi si distingue per il grande lago, la ricca flora e la presenza di numerose specie di uccelli oltre che piccoli animali. Il tempo libero ha un polo di grande attrattiva nel quartiere di Fuorigrotta. Qui sorge lo Stadio San Paolo inaugurato nel 1959 che ha ospitato le partite di calcio del Napoli dei tempi di Maradona ed è stato ristrutturato per i Mondiali di Calcio del 1990; la Mostra d'Oltremare realizzata nel 1940 dal fascismo per ospitare i prodotti delle colonie e diventata area di 750.000 metri quadri con 9 padiglioni espositivi per mostre e fiere, 30 sale congressuali fino a 2000 posti, teatro al chiuso e all'aperto per complessivi 3000 posti, due piscine, quattro campi da tennis, e che ospita numerosissimi eventi di portata nazionale e internazionale; il parco dei divertimenti Edenlandia più 'antico' in Italia fondato nel 1965 con 22 attrazioni, frequentatissimo benché in costante degrado; il Giardino Zoologico fondato negli anni '50 con numerose specie di animali ma fallito nel 2003 dopo un periodo di decadenza e degrado che ha portato alla morte di centinaia di esemplari e che sarà completamente ricostruito segendo un progetto d'avanguardia; in più la zona ospita un bowling, un multicinema con 11 sale, fast food, sale giochi, campi di calcio, calcetto e tennis, nonchè la Piscina Scandone, olimpionica, utilizzata per le gare di Pallanuoto delle squadre napoletane ed utilizzata precedentemente per i Giochi del Mediterraneo del 1964. Nella zona era anche sito il Palazzetto dello Sport "Mario Argento" destinato sia al Basket che ad altri sport sia di squadra che individuali, abbattuto nel 2005 ed in corso di ricostruzione. Le partite di basket attualmente vengono ospitate nella moderna struttura del PalaBarbuto, situato di fronte al vecchio "Mario Argento" L'amministrazione intende creare nuovi poli d'attrazione in altre aree di Napoli: a Bagnoli, dove ha già sede dal 1993 la Città della Scienza ('museo' scientifico sui generis primo in Europa), e nelle zone di riqualifica del Real Albergo dei Poveri - che diverrà Città dei Giovani - e del Centro Direzionale. Arterie di shopping principali nella città sono, oltre le già citate, quelle di Via dei Mille e di Piazza dei Martiri con negozi prestigiosi e la grande libreria Feltrinelli, quelle al Vomero di Via Scarlatti e Via Luca Giordano, e a Soccavo quella di Via Epomeo.È possibile effettuare visite guidate nel sottosuolo che mostrano la stratificazione del territorio della città nel corso della storia. Napoli Sotterranea è un percorso guidato attraverso vecchie cisterne sotterranee, risalenti in gran parte all'epoca greco-romana: tali cisterne sono state ritrovate attraverso scavi nel sottosuolo di tufo, la tipica roccia sulla quale la città è stata costruita. Circa un chilometro di gallerie, delle decine presenti sotto la città, è visitabile. In diversi luoghi della città e dei dintorni sono presenti anche diverse catacombe.

A Napoli sono operativi sei atenei: L'Università degli Studi di Napoli Federico II è la principale e più antica università della città. Nata in contrapposizione a quella di Bologna, fu fondata da Federico II nel 1224, ed è la seconda in Italia (In realtà l'Università di Padova risale a due anni prima, ma nacque come costola dell'ateneo bolognese, dall'opposizione di alcuni studenti che vi trasferirono alcuni insegnamenti). L'Ateneo Federiciano, che ha assunto il nome del suo fondatore con decreto del 7 settembre 1987, è comunque la più antica università statale e laica d'Europa, ed è considerato uno degli atenei più prestigiosi per gli studi giuridici e letterari. Fra gli altri vi ha insegnato il celebre grecista Marcello Gigante. La Seconda università degli studi di Napoli è stata istituita nel 1989 per decongestionare quella federiciana; è articolata in poli omogenei situati nelle città di Aversa, Capua, Caserta, Santa Maria Capua Vetere, mentre ha operativi a Napoli solo corsi di studio dell'area sanitaria. L'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale", istituto universitario Orientale fino al 2002, fu fondata nel '700 dal padre missionario Matteo Ripa come collegio dei cinesi e oggi la più importante istituzione europea per gli studi filologici e linguistici. E' composta dalle facoltà di Lettere e filosofia, Lingue e letterature straniere, Studi arabo-islamici e del Mediterraneo, Scienze politiche (con un occhio di riguardo alle relazioni internazionali). Vi si insegnano tutte le lingue antiche conosciute ed oltre 140 lingue moderne. L'Università degli Studi di Napoli "Parthenope", istituto universitario Navale sino al 2001, fu istituita nel 1920 come real istituto superiore Navale (originariamente specializzato in, e ancora famoso per, gli studi economici con una particolare attenzione agli scambi commerciali internazionali). L'Università degli Studi "Suor Orsola Benincasa" (ex istituto universitario omonimo), è un libero ateneo fondato dalla religiosa Orsola Benincasa, pensatrice molto in vista nei salotti intellettuali napoletani del periodo della controriforma (inizi XVII secolo), nato come istituto superiore di magistero e tuttora specializzato negli studi umanistici e sociali, con un particolare riguardo alla tradizione educativa introdotta dalla pedagogista suor Orsola. Napoli è inoltre sede della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale che vi opera attraverso la Sezione San Tommaso d'Aquino e la Sezione San Luigi la prima delle quali è legata al seminario arcivescovile e trae origine dalla facoltà teologica già presente nel primo ordinamento dell'ateneo federiciano nel 1224 e la seconda alla Compagnia di Gesù (gesuiti). La facoltà teologica è nata nel 1969 riunendo e lasciando distinte le due scuole.Nel 1804 fu aperta al pubblico la Reale Biblioteca di Napoli nel Palazzo degli Studi, attualmente sede del Museo Archeologico Nazionale. Le collezioni librarie ivi ubicate erano state trasferite dalla Reggia di Capodimonte per volontà reale. Divenuta Reale Biblioteca Borbonica nel 1816, solo nel 1860 con l'unità d'Italia fu denominata Biblioteca Nazionale. Nel 1910 fu arricchita con la collezione di papiri ercolanensi ritrovati negli scavi della città vesuviana. Nel 1922 la sede dopo lungo dibattito e su suggerimento di Benedetto Croce fu spostata all'odierna sede nel Palazzo Reale in Piazza Plebiscito. Subì molti problemi durante la guerra sia per l'occupazione nazista che per quella alleata, ma i testi più preziosi furono trasferiti in località più sicure fino alla riapertura nel 1945. Oggi la Biblioteca Nazionale "Vittorio Emanuele III" contiene quasi due milioni di volumi, circa 20.000 manoscritti, più di 8.000 periodici, 4.500 incunamboli e 1.800 papiri ercolanensi.

Oltre alle già citate Città della Scienza e Acquario Dohrn, di particolare interesse sono altri siti scientifici. Il Real Orto Botanico fu voluto da Giuseppe Bonaparte nel 1807 durante il governo napoleonico con scopi illuministici e realizzato dagli architetti De Fazio e Paoletti. Caduto in degrado per i danni della Seconda guerra mondiale, fu abilmente rimaneggiato e arricchito tra gli anni '60 e '80 dal direttore Aldo Merolla. Attualmente i 12 ettari di terreno ospitano 25.000 esemplari di piante di ogni genere disposte in collezioni all'aperto o in serre. Nel Collegio Massimo dei Gesuiti in via Mezzocannone n.8 sono ubicati i principali musei scientifici napoletani, curati dalla Federico II: * Il Museo di Zoologia con collezione di uccelli, mammiferi e di particolare interesse quella di conchiglie da tutto il mondo. * Il Museo di Paleontologia con circa 50.000 reperti fossili molti dei quali da siti campani, e un grandioso scheletro completo di Allosauro. * Il Museo di Antropologia con reperti e mummie da tutto il mondo tra cui reperti di Troia e uno scheletro umano del paleolitico. * Il Museo di Mineralogia con minerali e pietre da tutto il mondo e il Museo Mineralogico Campano con circa 3.500 esemplari. Per gli astrofili impossibile non citare l'Osservatorio Astronomico di Capodimonte. Voluto da Gioacchino Murat nel 1812, fu inaugurato nel 1819. Situato a 150 metri dal livello del mare sulla collina di Capodimonte, è impegnato nell'osservazione del Sole, delle stelle e della galassie grazie anche all'accesso ai più grandi telescopi ottici del pianeta e a quelli in orbita. Visite al pubblico sono possibili dietro prenotazione. Si segnala inoltre la presenza di numerosi LUG: * HackMeetNaples * IGLUG * NaLUG * Neapolis Hacklab

Napoli per tutta la sua storia è stata una capitale artistica di primo piano. Anche oggi mantiene questa tradizione. L'Accademia di Belle Arti, fondata da Carlo III nel 1752 come "Real Accademia di Disegno", è stata il centro dell'attività della Scuola di Posillipo nell'Ottocento ed è stata diretta da personalità quali Domenico Morelli, Saverio Altamura, Gioacchino Toma. Vi si tengono oggi corsi di pittura, decorazione, scultura, scenografia, restauro, arredo urbano, e una scuola di nudo. Nel 2005 è stato inaugurato nel settecentesco palazzo Roccella in via dei Mille il PAN, Palazzo delle Arti di Napoli, adibito ad ospitare opere ed eventi artistici di ogni tendenza. Storica è la tradizione del Conservatorio di San Pietro a Majella, nel cuore della città, fondato nel 1826 da Francesco I come "Regio conservatorio di musica", e dove oggi si tengono insegnamenti per tutti gli strumenti musicali ed è ospitato un notevole museo della musica. Infine da segnalare la grande offerta di teatri, una tradizione tra le più antiche d'Europa (il San Carlo risale al Settecento), che oggi vanta dodici teatri principali.

La vita musicale napoletana fu molto intensa già a partire dal XV fino al XVII nell'ambito della polifonia sacra e profana. Dal XVII e soprattutto nel XVIII secolo la scuola napoletana assunse un ruolo preminente nel campo della musica sacra e operistica con musicisti come Antonio Scarlatti, Giovan Battista Pergolesi, Niccolò Porpora. Famosa in tutto il mondo è la canzone napoletana: questo genere musicale gode del suo periodo di massimo splendore fra la seconda metà dell'800 e la prima metà del '900, periodo in cui i maggiori musicisti e poeti locali si cimentano nella composizione di numerose canzoni. Un esempio di tale tendenza è quello di Gabriele d'Annunzio che scrive i versi di 'A Vucchella. La data d'inizio dell'epoca d'oro della canzone napoletana è fissata al 1835, quando a Napoli dilaga la melodia di Te voglio bbene assaje scritta da Raffaele Sacco e la cui musica è attribuita a Gaetano Donizetti. Le celebrazioni della festa di Piedigrotta sono l'occasione ideale per l'esibizione dei nuovi pezzi, che vedono tra gli autori personalità quali Salvatore di Giacomo, Libero Bovio, E.A. Mario, Ernesto Murolo. In pieno Novecento la canzone sopravvive grazie al ruolo primario del Festival di Napoli, che tra querelle e scandali riesce a imporre la sua canzone a tutta Italia prima ancora che si affermasse il Festival di Sanremo. La parabola storica della canzone napoletana termina nella seconda metà degli anni '60, quando il Festival entra in crisi (si conclude nel 1970) e la canzone perde ogni legame col suo retaggio classico. La fama di questo genere rimane immutata nonostante il passare del tempo, e tutti i cantanti affermati inseriscono regolarmente alcuni tra i pezzi più famosi nel loro repertorio seguendo le orme di Enrico Caruso e Beniamino Gigli. Altro fenomeno musicale di particolare interesse è la cosiddetta Sceneggiata che si fonda sulla sceneggiatura di un intero spettacolo teatrale partendo da una canzone di argomento popolare. Dagli anni '80 si è affermato, come fenomeno locale, il genere "neomelodico": numerosi cantanti ed autori locali hanno composto canzoni, che in genere trattano storie d'amore ambientate nella napoli moderna. Il risultato non è sicuramente paragonabile a quello ottenuto dalla canzone napoletata propriamente detta, ma in ambito locale questo genere riscuote un notevole successo: Gigi D'Alessio e Nino D'Angelo sono i più famosi esponenti di questo genere, che poi hanno progressivamente abbandonato. È comunque vasta la schiera di cantautori e musicisti che in modo moderno hanno dato e danno il loro contributo alla continuazione della tradizione musicale partenopea: Pino Daniele, Edoardo Bennato ed Eugenio Bennato, Enzo Gragnaniello, Alan Sorrenti sono solo alcuni dei "moderni" più famosi.

Il teatro napoletano è una delle più antiche e conosciute tradizioni artistiche della città. Le prime tracce di questa tradizione risalgono all'opera poetica di Jacopo Sannazaro che tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento recitava le sue farse alla corte angioina prima, aragonese poi. A livello popolare famoso in questo periodo è il Velardiniello, cantastorie di strada. Il teatro napoletano pre-Novecento fu sostanzialmente legato alla maschera di Pulcinella. Come affermò Benedetto Croce nei suoi studi sull'argomento, Pulcinella più che una maschera fissa è una maschera il cui carattere è stato plasmato dai numerosi attori che l'hanno interpretata, e che spesso - soprattutto nel periodo della dominazione spagnola - l'hanno utilizzata come strumento di satira e critica politica. Pulcinella è un personaggio che rappresenta da sempre il modo tutto napoletano di vedere il mondo, è un personaggio di umile rango sociale che grazie alla sua furbizia e alla sua arte dell'arrangiamento riesce in qualche modo ad averla sempre vinta. Importante per il teatro napoletano è il modo in cui Pulcinella viene 'rielaborato' a partire dall'Ottocento. L'ultimo e forse il più grande interprete di Pulcinella fu infatti Antonio Petito (1822-1876), che trasformò il personaggio di servo sciocco nel cittadino napoletano per antonomasia, furbo e burlonesco, modernizzandolo e permettendone così la sua trasformazione ad opera di Eduardo Scarpetta. Scritturato da Petito all'età di quindici anni, Eduardo Scarpetta ebbe il compito di impersonare nella compagnia di Petito il personaggio di Felice Sciosciammocca (letteralmente "Felice soffia in bocca"), supporter comico di Pulcinella. Alla morte di Petito, e con la scomparsa del personaggio di Pulcinella, Scarpetta si fece interprete del cambiamento di gusti nel pubblico napoletano. Eliminò quindi definitivamente la maschera ormai obsoleta introducendo personaggi della borghesia cittadina che mantenessero però immutati i caratteri farseschi della tradizione. Le sue commedie su Felice Sciosciammocca ottennero un enorme successo a Napoli (Scarpetta si arricchì oltre ogni immaginazione) e aprirono la strada al successo dei fratelli De Filippo. Figli illegittimi dello stesso Scarpetta, essendo infatti nati da una relazione con Luisa de Filippo, nipote della moglie di Scarpetta (Rosa de Filippo), i tre più celebri fratelli del teatro italiano, Eduardo De Filippo, Peppino De Filippo e Titina De Filippo iniziarono giovanissimi a calcare le scene (Eduardo a soli 4 anni) e nel 1931 - dopo aver formato una loro autonoma compagnia teatrale - esordirono insieme con l'atto unico Natale in casa Cupiello. Il successo di questi tre attori venne consacrato da una clamorosa tourneé nelle città italiane, benché sotto il fascismo Eduardo ebbe non pochi problemi per le sue posizioni contrarie al regime. Sarà solo con la fine della dittatura che il successo di De Filippo giungerà agli storici livelli di commedie quali Napoli Milionaria e Filomena Marturano. Ambientate in una Napoli disillusa in pieno dopoguerra, queste commedie s'imposero su scala anche internazionale (Filomena Marturano fu nel 1947 rappresentata anche a Bucarest) per la loro solida verosimiglianza verso la realtà contemporanea - abbandonando dunque il farsesco fine a sé stesso che aveva contraddistinto il teatro di Pulcinella e Scarpetta - e le personalità dei De Filippo s'imposero per la loro verve intepretativa, le intense espressioni, la sofferta gestualità, la spontaneità e la vitalità dei personaggi impersonati, sempre a metà tra la commedia e il dramma. Più tardi De Filippo, dopo aver conosciuto la persona e la produzione di Luigi Pirandello, adattò e recitò alcune sue celebri commedie (es. Il berretto a sonagli) trovandovi anche lì quell'inesplicabile sottile confine tra la realtà e la finzione, tra l'umorismo e la tragedia, che contraddistingue la natura umana. Più sul burlesco si allineò invece Peppino dopo la guerra, abbandonando per vari screzi Eduardo e lanciandosi nel cinema dove interpetò con Totò alcune delle più memorabili sue commedie (Totò, Peppino e la malefemmena e La banda degli onesti), mentre Titina si affermò con la sua intepretazione di Filomena Marturano rimasta nella storia del teatro. Eduardo negli ultimi anni adattò anche commedie di Moliere e Goldoni, aprendo poi a sue spese nel 1964 il Teatro San Ferdinando. La personalità di Totò (Antonio de Curtis), anch'essa celebre a livello nazionale, s'impone al cinema ma raccoglie i suoi primi successi sulle scene del teatro dove recita insieme ad Eduardo e Titina De Filippo. Pur non raccogliendo i risvolti drammatici della commedia di Eduardo, Totò si allinea col sul teatro non disedegnando però un certo ritorno al burlonesco di stampo pulcinelliano.

Napoli vanta una lunga tradizione sportiva che però raramente ha portato squadre della città a conquistare campionati nazionali o coppe europee; evento tra l'altro assai raro in tutto il Centro-Sud Italia. Fanno eccezione le squadre di Pallanuoto (il Posillipo vanta nove scudetti, l'ultimo di quest'anno) e Rugby e il Napoli Calcio che negli anni di Maradona conquistò 2 volte il titolo di Campione d'Italia e una coppa UEFA. Il 26 maggio 1996 l'8^ tappa del Giro d'Italia si è conclusa a Napoli con la vittoria di Mario Cipollini; quasi venti anni prima il giro si era fermato nella città partenopea, traguardo di una tappa a cronometro vinta da Francesco Moser. Folta invece la schiera di atleti napoletani che hanno regalato all'Italia titoli mondiali e olimpici. Fra i tanti ricordiamo i fratelli Giuseppe e Carmine Abbagnale (campioni del canottaggio, sette titoli mondiali e due ori olimpici), il pugile Patrizio Oliva (tre titoli europei, uno mondiale e medaglia d'oro a Mosca) e il nuotatore Massimiliano Rosolino (un titolo mondiale e madaglia d'oro a Sidney); anche un'altra giovanissima nuotatrice, Caterina Giacchetti, campionessa a livello europeo (quarta nei 200 farfalla ai Mondiali di nuoto di Montreal) si avvia a risultati di livello olimpionico. Napoli, tra l'altro, è stata scelta per ospitare nel 2006 i mondiali di nuoto in acque libere. Fra le manifestazioni sportive fisse ricordiamo la maratona di nuoto Napoli-Capri-Napoli, il Gran Premio Lotteria di Agnano di Trotto ed il Giro Ciclistico] della Campania.

Pizza, Vesuvio e mandolino: sono le tre famose parole magiche che si associano a Napoli nella mentalità collettiva. Molto più note dei suoi monumenti, le tradizioni napoletane sono risapute, celebrate - e a volte caricaturizzate - in tutto il mondo.

La pizza, simbolo immortale di Napoli, ha in realtà una storia non molto antica: essa si diffonde a Napoli tra il Seicento e il Settecento senza tuttavia le caratteristiche attualmente note. Si tratta infatti inizialmente di una variante della focaccia, arricchita con basilico o strutto e più tardi con pomodoro e mozzarella di bufala. Solo nell'Ottocento scoppia la 'moda', e la prima vera pizzeria di cui si conosce il nome fu aperta nel 1830 nella zona di Port'Alba. La ricetta classica più nota risale invece al 1889. In quell'anno re Umberto I e la consorte la regina Margherita visitarono per alcuni giorni Napoli e per richiesta della regina fu chiamato al palazzo di Capodimonte il più rinomato pizziaolo del tempo - tale "don" Raffaele Esposito - che assistito dalla moglie Rosa sfornò per i reali, insieme a due pizze 'classiche', una con pomodoro, mozzarella e basilico per rappresentare i tre colori della bandiera italiana. Quest'ultima pizza entusiasmò la regina, e don Raffaele la chiamò in suo onore "Pizza Margherita". Comunemente quattro sono le pizze tradizionali: la Napoletana (pomodoro, aglio e basilico), la Margherita, la Marinara (pomodoro e acciughe) e la Quattro Stagioni (divisa in quattro spicchi ognuna condita in modo diverso). Spesso la Marinara è confusa con la Napoletana. Oggi il numero di varianti della pizza classica è potenzialmente infinito, dopo che la tradizione napoletana si è diffusa con successo nel mondo ed è stata adattata ai diversi gusti della gente: non è un caso se nel 2003 il concorso napoletano per la pizza più buona è stato vinto da un giovane giapponese, Makato Onishi. Da un paio di anni l'Unione europea, per preservare la ricetta originale della pizza, ha adottato il marchio di qualità STG (Specialità Tradizionale Garantita). Ogni anno a Napoli a Settembre si tiene il Pizzafest nella sede della Mostra d'Oltremare dove a prezzi modici si può degustare una pizza scegliendo tra le dozzine di pizzerie all'aperto. Ma non si ferma certo alla pizza il vastissimo campionario della cucina napoletana. Necessario citare infatti gli spaghetti: l'immagine tipica dell'affamato Pulcinella che s'ingozza con un piattone di spaghetti al pomodoro è stata ripresa anche da Totò nel suo Miseria e Nobiltà. Il modo più tipico di cucinare gli spaghetti (o anche vermicelli) a Napoli è quello di condirli con le vongole. Gli spaghetti alle vongole possono essere o in bianco o col pomodoro (la tradizione si divide) e possono essere conditi o con vongole veraci o con lupini. Altra tradizione è quella del ragù, tipico piatto domenicale. Probabilmente derivante dal ragôut francese, il ragù napoletano ('o rraù in dialetto, celebrato in una poesia di De Filippo) è una salsa di lunga ed elaborata preparazione (cinque-sei ore di cottura) fatta con pomodoro e carne di vitello o di maiale nei tempi di Carnevale, e va servita su pasta col buco. Celeberrima è poi la tradizione dolciaria napoletana. Tra le mille specialità la più nota è forse la sfogliatella, che può essere riccia o frolla a seconda della preparazione della pasta sfoglia che la compone: realizzata nel Settecento nel monastero di Santa Rosa nei pressi di Amalfi, il ripieno è a base di crema di ricotta, semolino, canditi, vaniglia e cedro. Vi è poi il babà, forse di origini polacche, dolcetto fatto con pasta morbida imbevuto di sciroppo a base di limone e rum e che poi può essere ricoperto in superficie con crema pasticcera e frutta fresca. Le zeppole mangiate il giorno di San Giuseppe - e che per questo a volte sono confuse con le zeppole di San Giuseppe (bigné alla crema) - sono a Napoli morbide cimabelline ricoperte di zucchero candito. Ci sono poi dolci legati a festività, come la pastiera che si mangia a Pasqua fatta con pasta frolla e grano cotto nonché con ricotta, cedro, arancia e zucca candita. A Natale ci sono gli struffoli, piccole sferette fritte candite ricoperte di diavolilli (confettini colorati) e miele, che si suppone siano stati portati dagli antichi greci ('stroungolous' è una parola che significa 'arrotondato'). A Carnevale, infine, ci sono le chiacchiere, fritte e ricoperte di zucchero a velo, e il sanguinaccio, crema in origine fatta di sangue di maiale e oggi di cioccolata aromatizzata con la cannella.

Benché la tradizione attribuisca la nascita del primo presepe a San Francesco d'Assisi nel 1223, l'arte presepiale è tipicamente napoletana. Le prime manifestazioni di questo fenomeno risalgono al 1340 quando la regina Sancia d'Aragona (moglie di Roberto d'Angiò) regalò alle Clarisse un presepe per la loro nuova chiesa, di cui oggi è rimasta la statua della Madonna nel museo di San Martino. Altri esempi risalgono al 1478, con un presepe di Pietro e Giovanni Alemanno di cui ci sono giunte dodici statue, e il presepe di marmo del 1475 di Antonio Rossellino, visibile a Sant'Anna dei Lombardi. Nel Seicento il presepe (parola che viene dal latino "praesepe" o "praesepium" e che vuol dire "mangiatoia") allargò il suo scenario. Non venne più rappresentata la sola grotta della Natività, ma anche tutto il mondo 'profano' al di fuori: in puro gusto barocco, si diffusero le rappresentazioni delle taverne con ben esposte le carni fresche e i cesti di frutta e verdura e le scene divennero sfarzose e particolareggiate (Michele Perrone fu tra gli artisti principali in questo campo), mentre i personaggi si fecero più piccoli: manichini in legno o in cartapesta saranno preferiti anche nel Settecento. Il Settecento fu infatti l'epoca d'oro del presepe: i committenti non erano più solo gli ordini religiosi, ma anche i ricchi e i nobili. La scena si sposta sempre più al di fuori del gruppo della sacra famiglia e più laicamente s'interessa dei pastori, dei venditori ambulanti, dei re Magi, dell'anatomia degli animali. Benché Vanvitelli definì l'arte presepiale "una ragazzata", tutti i grandi scultori dell'epoca si cimentarono in essa fino all'Ottocento inoltrato. Forse il più celebre e acclamato esempio di presepe napoletano è il presepe Cuciniello realizzato tra il 1887 e il 1889 ed esposto a San Martino. Nel Novecento questa tradizione è gradualmente scomparsa, ma oggi grandi presepi vengono regolarmente allesiti in tutte le principali chiese della città e molti napoletani lo allestiscono ancora nelle proprie case acquistando le statuette in via San Gregorio Armeno durante il periodo natalizio. Ti piace 'o presepio?: la celebre battuta di Eduardo De Filippo in Natale in casa Cupiello sintetizza la graduale scomparsa della tradizione del presepe.

Benché il gioco del lotto abbia avuto origine in Italia intorno al 1539 a Genova, esso è fortemente legato alla città di Napoli, dove venne introdotto relativamente tardi, nel 1682. La forte religiosità del popolo napoletano provocò dei "problemi di morale" giacché la Chiesa lo aveva proibito, e dopo un terremotto nel 1688 fu abolito perché considerato causa della punizione divina. La passione del gioco tuttavvia ebbe la meglio, il lotto fu reintrodotto e la monarchia credette oppurtuno regolamentarlo per trarne i dovuti profitti. Ogni sabato le estrazioni si tenevano dinanzi alla Gran Corte dei Conti e con due testimoni del popolo al Palazzo della Vicaria. Il lotto ufficiale e il lotto in 'nero' (prerogativa esclusivamente - purtroppo - napoletana) provocò la reazione degli intellettuali, tra cui Matilde Serao che nel suo Il ventre di Napoli criticò in due capitoli appositi la degradazione apportata dal gioco al popolino. Rimane tuttavia legata a Napoli la tradizione della Smorfia. Il termine, derivante da "Morfeo", il dio greco dei sogni, si riferisce all'abitudine di giocare numeri 'ricevuti' in sogno. Questi numeri non sono quasi mai ricevuti esplicitamente, ma elaborati in base a un sistema che affonda le sue origini nella Cabala ebraica e che stabilisce che per ogni evento, azione o personaggio sognato corrispone un numero. Numerosi sono i libri che permetteno di stabilire questa corrispondenza. Oggi i numeri più celebri sono quelli legati alla tombola, sorta di lotto casalingo giocato dalle famiglie napoletane a Natale. Basta leggerne alcuni per rendersi conto del substrato di superstizione su cui si basa tale gioco: il 48 è "'O muorto che parla", 85 è "L'anema d'o priatorio" (l'anima del Purgatorio), e così via. Legato alla smorfia è il Munaciello, lo spirito demoniaco ma a volte anche benigno che ha dominato le storie e le leggende napoletane per secoli, e che ancora oggi è temuto e rispettato dai napoletani più tradizionalisti (per non dire arretrati). A volte il munaciello dà a colui che ha avuto la casa infestata dalla sua presenza i numeri da giocare al lotto, ma bisogna tenere il segreto e non confidarlo ad altri. A volte si limita a fare dispetti, ma altre volte ancora porta la gente alla follia e alla morte. Matilde Serao racconta l'origine di questo essere: sembra sia stato il frutto di una relazione tra una giovane della borghesia aragonese (tale Catarinella Frezza) e un popolano, Stefano Mariconda. La relazione, osteggiata dalla famiglia di lei, portò all'uccisione di Stefano e alla chiusura in convento di Catarinella, che ebbe però un figlio, storpio, che le monache vestirono da frate per nasconderne le deformità. Sarebbe dunque questo 'o munaciello. Altri dicono che il munaciello era l'amministratore dei pozzi della città, che spesso avvelenava. Numerose altre leggende napoletane sono comunque raccolte dalla Serao nel suo Leggende napoletane e nel volume di Benedetto Croce Storie e leggende napoletane. Il folklore napoletano è fortemente legato anche ad una forma di religiosità popolare che il più delle volte scade in un rigurgito di paganesimo. In particolare domina il culto dei santi più disparati e delle varie 'versioni' della Madonna, culto di cui si possono avere chiari esempi nelle numerose edicole votive nei vicoli del centro storico. Ad una di queste edicole è legata la tradizione della Madonna dell'Arco, nome che deriva da un'edicola votiva di Sant'Anastasia che rappresenta una Madonna detta "dell'arco" perché questo borgo alle porte di Napoli era contraddistinto dalle arcate di un antico acquedotto romano. Il lunedì di Pasqua del 1450, a quanto si racconta, un giovane che giocava a palla-maglio scagliò irato la palla contro l'immagine della Madonna, che iniziò a sanguinare. In seguito, si è ripetuto un numero enorme di miracoli aventi come protagonista quell'immagine della Madonna (nel 1849 fu visitata da Papa Pio IX) e ogni anno nelle vicinanze di Pasqua si tengono cortei di supplicanti e adoranti che culmina il Lunedì di Pasqua dinanzi all'immagine della Madonna, dove i cosiddetti fujenti ("coloro che corrono" in napoletano) implorano in modo colorito l'immagine. Celebre è anche la Madonna di Pompei, meta dei pellegrinaggi dei devoti, e la Madonna di Montevergine in provincia di Avellino, la cui celebrazione si tiene il 12 settembre. Uno dei santi più amati è poi Giuseppe Moscati, canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1987: giovane e valente medico dell'Ospedale degli Incurabili, Moscati fu stimato da tutti i poveri e i miserabili che si recavano a casa sua per farsi visitare privatamente spesso senza retribuzione. Medico e ricercatore illustre, fu dominato da un'incrollabile fede che trasfuse anche a colleghi quali Pietro Castellino e Leonardo Bianchi. Infine discorso a parte va fatto per San Gennaro, il santo patrono della città (il cui vero nome era Ianuario, perché appartenente alla Gens Ianuaria) , martirizzato nel 305 sotto Diocleziano. Il suo sangue fu raccolto in un'ampolla, e nel 431 a quanto sembra per la prima volta si sciolse improvvisamente per poi ricoagularsi. Questo avvenimento è stato testimoniato storicamente nel 1389 per la prima volta, e si è ripetuto fino ad oggi, salvo alcune 'interruzioni' che secondo la tradizione corrispondono a gravi sciagure per la città. Oggi il miracolo si compie tre volte l'anno: in primo luogo il 19 settembre, giorno del martirio; poi la vigilia della prima domenica di maggio (quando le sue spoglie furono traslate da Benevento a Napoli), ed infine il 16 dicembre, anniversario del suo più famoso miracolo, avvenuto nel 1631, quando i Napoletani condussero la statua del santo al Ponte della Maddalena e la lava del Vesuvio in eruzione si fermò salvando la città. Il miracolo del sangue è stato oggetto di numerose contestazioni, di cui promotore si è fatto il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) che ha abbracciato la tesi accreditata da numerosi studiosi secondo cui il sangue sia un liquido simile a gel, dotato cioè di proprietà tissotropiche, che lo porta quindi a sciogliersi se mosso meccanicamente. Il popolino rimane però ancora legato al miracolo e al santo, e resta celebre la frase comparsa sui muri della città quando il Concilio Vaticano II decretò culto di ambito unicamente locale quello del santo: San Genna', futtatenne! (San Gennaro, fregatene).

Da una parte la camorra, dall'altra il fenomeno della delinquenza minorile, senza contare il numero esorbitante di rapine. Sono questi i fattori principali che hanno reso Napoli la città italiana più invivibile per quanto concerne la criminalità, una piaga che ne ha diminuito pesantemente il valore agli occhi del turismo, una delle prime vittime di questo fenomeno. I dati parlano da soli: tra il 2003 e il 2004 si sono verificati 107 omicidi, la maggior parte dei quali legati alla camorra, ben 83 accertati. Enorme il numero di furti e rapine: 3434 gli 'scippi', spesso di orologi preziosi rubati a turisti e poi smerciati negli Stati Uniti, o telefonini il cui mercato della ricettazione a Napoli è sterminato; 3287 i borseggi, effettuati quasi sempre da due persone a bordo di motorino; 7896 i furti di auto e 3790 i furti di moto, che nella maggioranza dei casi si concludono con l'abietto fenomeno del "cavallo di ritorno" (un losco individuo si fa vivo per chiedere soldi in cambio della restituzione del mezzo); minore rispetto ad altre città il numero di rapine nelle abitazioni, anche perché i cittadini da tempo si sono organizzati con sistemi di allarme e sbarre alle finestre nei casi di abitazioni in piani bassi. Tutto ciò senza contare il numero senz'altro maggiore di casi non denunciati. Fiorente il traffico di droga in mano alla camorra (quasi quindici chili di droga sono stati sequestrati nel 2004), e quello della vendita pirata di CD e DVD, tanto che i più di 26000 dischi sequestrati non coprono che una percentuale vicina al 10% del fenomeno di vendita. La delinquenza minorile resta alta, nonché in anumento con il fenomeno delle baby-gang dominanti nelle zone di quella definita una volta la "Napoli bene" (Vomero, Chiaia) ora preda anch'esse di ragazzini provenienti dalla periferia tramite il sistema metropolitano o addirittura 'autoctoni' (non poche, infatti, le baby-gang composte da figli di insospettabili e onesti professionisti). La camorra ha un'origine antica che risale ai tempi della dominazione spagnola a Napoli. Si ritiene che alcuni esponenti della spagnola "Confraternita della Garduna" (dedita a rapine) fondata nel 1417 abbiano insegnato ai delinquenti napoletani dell'epoca il successo della loro organizzazione, fondata su una struttura verticistica con incarichi ben definiti. La camorra nasce però ufficialmente nel 1820 col nome di Bella Società Riformata (=confederata) con una struttura più gerarchica rispetto a quella attuale e dedita all'estorsione e all'usura, dominante principalmente nelle bische clandestine. Si ritiene infatti che il termine 'camorra' derivi da "morra", un gioco d'azzardo diffuso a Napoli tra XVII e XVIII secolo su cui appunto veniva imposta una percentuale da pagare ai camorristi. La camorra moderna nasce però nel secondo dopoguerra, in una situazione - quella napoletana - desolante, dove solo il contrabbandono e il mercato nero permettono la sopravvivenza. Si impone col contrabbando di sigarette, ma l'apogeo del suo potere l'ottiene col traffico di droga che nasce intorno agli anni '70. E' la camorra contemporanea, la più violenta e sanguinaria, dominata dalla NCO, la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo che opera fino al 1983 e poi si estingue creando un incredibile frazionamento dei clan e portando alla condanna nel 1987 dello stesso Cutolo. Diminuiscono gli omicidi ed anche l'arroganza pubblica dell'organizzazione (eclatante l'assassinio del giornalista Giancarlo Siani nel 1985, 26enne, per aver scritto un articolo "infamante"), aumenta il giro d'affari. S'impongono nuovi clan: i Giuliano, i Mazzarella, i Di Lauro; e nuovi mercati: l'immigrazione, la prostituzione, lo smercio di CD. Oggi si stima che il giro d'affari della camorra sia intorno ai 13 miliari di euro l'anno, la metà dei proventi derivante dal traffico di stupefacenti, circa due miliardi dal traffico di armi. La sua struttura non è più molto gerachizzata, è composta di clan locali che si fanno e si disfanno continuamente, quasi sempre in lotta tra loro. Tra il 2004 e il 2005 la guerra tra il clan Di Lauro e gli "Scissionisti" per il controllo del traffico di droga nei quartieri di Scampia e Secondigliano ha prodotto più di sessanta morti. Il 16 settembre 2005 Paolo Di Lauro, il numero uno della camorra napoletana, è finito in manette. Il problema maggiore, per quanto riguarda lui e i centinaia di camorristi ancora in carcere, è evitare che da dietro le sbarre possa continuare a gestire l'attività della propria famiglia. La camorra, comunque, rimane prospera.

Parte del sucesso di fenomeni quali la camorra a Napoli hanno origine da un diffuso atteggiamento che si potrebbe definire "cultura dell'illegalità", derivante da una completa assenza di senso civico. Tale atteggiamento è riscontrabile a più livelli. Ad esempio l'uso del casco sui ciclomotori raggiunge percentuali molto basse, tanto che l'ordinanza di sequestro del veicolo in simili casi - emanata nel settembre del 2005 - ha visto a Napoli circa 1000 sequestri nell'arco di nemmeno due mesi. Non è raro inoltre vedere intere famiglie, di tre o quattro persone, circolare su un ciclomotore omologato per il trasporto di non più di due persone. Esempio di questa mentalità resta la 'leggenda' diffusa in anni scorsi secondo cui un ingegnoso napoletano avrebbe commercializzato magliette con una striscia nera trasversale a imitazione delle cinture di sicurezza, per coloro che non cedevano all'imposizione di allacciarla. Il non rispetto di semafori, precedenze, sensi unici, parcheggi è un'altra costante della circolazione urbana. Ad esso si aggiungono altri esempi: Napoli è la città italiana dove si acquistano più CD e DVD falsi. Noto fu poi il fenomeno dei migliaia di utenti che avevano accesso alla programmazione televisiva satellitare pur senza essere abbonati, grazie a modifiche del proprio decoder. Sugli autobus molti utenti non obliterano il biglietto , e non è raro assistere all'impotenza dei controlli preposti dinanzi all'irruenza di persone che pretendono di non dover essere multate. Questi comportamenti sono evidenziati - come al solito in maniera quasi teatrale a Napoli - ma purtroppo fanno ormai parte della normalità di molte grandi città italiane. A questi fenomeni se ne aggiungono altri ben più gravi. Il lavoro in nero è dominante, ed è per molti napoletani l'unica via d'uscita alla disoccupazione dilagante (intorno al 25%). Gli altissimi premi per l'assicurazione auto sono risolti con un'assicurazione falsa o semplicemente non assicurando il proprio il veicolo, col risultato che i costi dell'RCA aumentano. Un enorme numero di persone (circa 100.000) ottiene grazie a imbrogli la pensione di invalidità, con altissimi costi per l'amministrazione. Non è poi raro il fenomeno delle 'bustarelle', cioé delle raccomandazioni nel mondo della scuola e dell'università (dipomi comprati e accessi a corsi di laurea a numero chiuso 'venduti' fino a 50.000 euro) e nel mondo del lavoro. Infine preoccupante la dispersione scolastica: se la Lombardia vanta il tasso più alto, è solo perché lì il lavoro si trova con maggiore facilità. Nella provincia di Napoli, dove un ragazzino su cinque non si presenta a scuola (circa 17mila tra i 7 e i 13 anni), il fenomeno è dovuto alle idee dei genitori che preferiscono far lavorare in nero il proprio figlio o affidarlo alla camorra per portare entrate in famiglia: un pensiero che danneggia alla base il senso del vivere civile.

Altri fattori che contribuiscono alla scarsa vivibilità della città sono il degrado urbano e il fenomeno dell'abusivismo. Il problema dei rifiuti attanaglia Napoli da vari anni. Si è stimato che ogni napoletano produce in media 1,5 kg di spazzatura al giorno , e che ogni anno in Campania se ne producano due milioni e mezzo di tonnellate. I centri per la combustione dei rifiuti situati nella periferia della città lavorano sempre con estrema lentezza, e le discariche - per lo pù abusive e gestite dalla camorra - vengono aperte e chiuse di continuo. Periodicamente la città viene letteralmente sommersa da cumuli di rifiuti non raccolti dagli agenti della nettezza urbana, che frequentemente indicono scioperi. La soluzione indicata dal Governo e dalla Regione è stata quella della realizzazione di un grande impianto termovalorizzatore nei pressi di Acerra: gli abitanti della zona hanno risposto con tumulti e dimostrazioni impedendo la costruzione dell'impianto. Il sistema della raccolta differenziata, attuato con grande generosità di mezzi, non ottiene il successo sperato a causa dell'indifferenza della maggioranza dei cittadini. La questione rimane tutt'ora irrisolta, e di estrema gravità per la vivibilità e la salute di Napoli e della provincia. A ciò si aggiunge il degrado e l'incuria di molte infrastrutture cittadine, spesso lasciate a sé stesse: casi esemplari quelli dello zoo, dell'Edenlandia, della Mostra d'Oltremare, degli impianti sportivi, dei parchi. Molte nuove strutture sono paralizzate dalla burocrazia, e non realizzate dopo anni ed anni di progetti; l'area dismessa dell'Italsider, ad esempio, e nuove infrastrutture nei quartieri Soccavo e Pianura. La burocrazia 'malata' è un altro gravissimo problema, riscontrabile nelle amministrazioni e nella sanità, che porta i cittadini all'esasperazione (ed è sempre nel malgoverno che la camorra ha prosperato e prospera tuttora). Desolante la situazione della rete viaria, inadatta e continuamente riassestata (ogni anno sono centinaia i cantieri aperti per lavori del genere): nubifragi come quelli del 15 settembre 2001 e del 18 settembre 2005 (quest'ultimo meno distruttivo) hanno prodotto enormi danni per le strade che cedono e per le fogne che scoppiano. Si aggiunge infine il fenomeno dell'abusivismo edilizio, che domina nei quartieri più recenti, in particolare a Pianura - costruita senza alcun piano regolatore e del tutto abusivamente - e nelle zone periferiche alle pendici del Vesuvio, esposte tra l'altro a grave rischio vulcanico-sismico.