Nino
Taranto
Esordì tredicenne al Teatro Centrale di Napoli, interpretando quelle che sarebbero diventate le sue specialità: la "canzone in giacca" drammatica e quella da "dicitore" in abito da sera, rivelando le straordinarie doti di caratterista che l'avrebbero reso, per oltre mezzo secolo, uno degli interpreti più amati dal pubblico italiano.

Nel 1927 entrò nella compagnia di sceneggiate Cafiero-Fumo e nel 1928 si avvicinò con successo alla sceneggiatura; invitato in tournée negli Stati Uniti, ne tornò con "una pianola a nastro e mille dollari" impiegati per finanziare la sua prima compagnia di varietà, che durò solo quindici giorni e finì nel disastro totale.


Nel 1933 venne scoperto da Anna Fougez, che lo fece debuttare nella grande rivista, alla quale si sarebbe dedicato fino al secondo dopoguerra, accanto a Wanda Osiris e poi a Titina De Filippo, dando vita a straordinarie macchiette, tra le quali l'indimenticabile Ciccio Formaggio, ritagliato perfettamente su di lui dal duo Cioffi e Pisano: un ometto iellato, tradito e bistrattato dalla fidanzata, la quale per ennesimo gratuito dispetto gli sforbicia la tesa del cappello.

Proprio quella paglietta tagliuzzata divenne uno dei simboli della sua comicità ed ispirò alcuni fortunati spettacoli di rivista come Mazza, Pezza e Pizzo e Quagliarulo se ne va, oltre al popolare film Il barone Carlo Mazza di Guido Brignone (1948).

Si dedicò anche alla prosa costituendo una propria compagnia solo nel 1955 e mettendo in scena, oltre a farse e commedie leggere, i testi dell'amico e maestro Raffaele Viviani, di cui propose fra l'altro L'ultimo scugnizzo (1956) e Don Giacinto (1961), che valorizzarono al meglio la sua intensa espressività.

Negli ultimi anni tornò con successo al teatro dialettale, soprattutto al fianco di Luisa Conte e del fratello Carlo.

Nino Taranto nacque a Napoli il 28 agosto del 1907, figlio di un sarto del quartiere di Forcella, divenne artista per predisposizione. Il padre seguendo una consuetudine del tempo, lo portava ai festini degli sponsali, con una bella voce, a soli nove anni cantava già “macchiette”. Infatti Nino, sin da bambino, aveva dimostrato una vocazione artistica, esibendosi in canzoni comiche e rifiutandosi, da subito, di seguire il mestiere del padre. Feste e periodiche furono i primi palcoscenici del giovane attore, talento canoro naturale, coltivato poi dal maestro Salvatore Capaldo, che lo avviò sulla strada del professionismo. Minuto, senza alcuna soggezione stava in scena con il piccolo frack cucitogli dal padre. Aveva dodici anni quando cantò la sua prima canzone melodica, si trattava di “E l’edera sei tu” di E.A. Mario. In questo periodo partecipò anche ad un film muto “Vedi Napoli e poi muori”. Qualche anno più tardi entrò a far parte della “Compagnia dei piccoli” diretta da Mimì Maggio, per il Teatro Partenope a Foria, suoi compagni di scena furono: Pupilla Maggio, Gino Maringola, Ugo D’Alessio, Nello Ascoli e tanti altri. Nel frattempo, Taranto si esibiva anche come solista nei salotti, dove alternava drammatico e comico. Nel ’29 è stata decisiva per la sua formazione, l’entrata nella Compagnia Cafiero-Fumo, dove imparò la misura del palcoscenico. Lasciata la “sceneggiata” tentò con il varietà anche grazie al suo carattere naturalmente simpatico, di sicura comunicativa, ed al suo piacevole e bell’aspetto. Nella rivista reinventò la macchietta che ai primi del ‘900 Nicola Maldacea aveva reso popolarissima, riscotendo molto successo, merito del suo intuito artistico ma anche grazie alla genialità del duo di autori, Pisano-Cioffi, che firmò tutti i suoi successi.
Le macchiette erano motivi di facile orecchiabilità, su parole (in prima persona) di una succosa evidenza comica e parodistica, la sintesi della napoletanità, vale a dire la considerazione della vita sempre in bilico tra l’umorismo, il comico e il dramma. Esse insistevano spesso su un solo personaggio, cornuto, un po’ scemo, sfortunato e brutto. Un giorno, quando era ancora agli esordi, per accreditare la sua eccentricità, si tagliuzzò la tesa della paglietta con la quale recitava elevandola a simbolo della sua arte che lo accompagnerà in tutti i suoi spettacoli come marchio inconfondibile. Pisano-Cioffi, ovviamente, colsero l’occasione per scriverci una macchietta, la celeberrima “Ciccio Formaggio”, che racconta di un tipo stolto, ingannato dalla fidanzata la quale per dispetto gli taglia i pizzi della paglietta. Taranto, ormai, non faceva il comico, recitava: i suoi Sketches erano autentici brani di prosa comica, quella prosa di cui l’attore sarebbe approdato felicemente nel ’55. Per quanto riguarda la prosa, Taranto ha coltivato principalmente due autori napoletani, contribuendo non poco alla riscoperta e rivalutazione del loro repertorio: Marotta e Viviani. Soprattutto di Viviani, che, dopo la morte non era stato più rappresentato, ha fatto quasi tutte le commedie, quelle d’ambiente e quelle incentrate sui personaggi, dove poteva sfruttare le sue doti di trasformismo canoro e artistico. La frequentazione con i testi del commediografo, comunque, non doveva essere inconsueta a Taranto. Infatti, si racconta che “Mestiere di padre” Viviani l’avesse scritta negli anni ’30 proprio pensando alle sue corde interpretative. Tra gli allestimenti si ricordano: “L’ultimo scugnizzo, L’imbroglione onesto, Morte di Carnevale, Il vicolo, La figliata, Don Giacinto, Guappo di cartone, Sposalizio”, ecc.
Di famiglia borghese, in Taranto c’è il senso della misura borghese, nato a Forcella, in Viviani riconobbe la voce di questo popolo, rimasto il popolo, la plebe del ‘600 e tuttavia una grandissima modernità. Ne vennero fuori interpretazioni di memorabile forza espressiva, nelle quali il comico si rivelò attore drammatico di forte personalità. Ma nel repertorio completo del grande interprete non sono mancati altri autori come Giannini, Di Giacomo, Grassi, Scarnicci e Tarabusi, Titina De Filippo, Bovio e Pirandello.Anche nel cinema Taranto ha molto lavorato, seppure in parti non impegnate, sovente in farse, tra le eccezioni “Anni facili”di Zampa, dove è stato impagabile, per la sua cifra comica-patetica, nel dipingere il ruolo del professore siciliano vittima della capitale e dei suoi intrallazzi. Questo ruolo gli valse nel 1953 il “Nastro d’argento”. Da ricordare inoltre le interpretazioni al fianco di Totò. In tutte le sequenze dei sei film che hanno girato assieme, si è notata l’ammirazione che aveva per il suo grande conterraneo, sembrava quasi che stava lì a godersi lo spettacolo. E quando doveva intervenire non si metteva in competizione, cosciente della sua inferiorità non accettava la sfida, si metteva al servizio del suo grande collega. Tra i due si instaurò uno strano rapporto di complicità, nel senso che era Taranto ad assecondare la stranezza e le matterie di Totò ma no come farebbe una spalla tradizionale, che si limita a fornire , meccanicamente, gli spunti e i pretesti per le battute del comico. Nella recitazione di Taranto, invece, si sentiva il comico, un comico vero abituato a stare al centro della scena e che al cospetto del Sommo, sta un passo indietro e si fa notare anche per la sua umiltà. Negli anni settanta ha lavorato anche in televisione in trasmissioni di successo come “Milleluci” e “Senza Rete” facendo conoscere alle generazioni nate con la Tv, le sue intramontabili macchiette. Nell’84 propone una trasmissione tutta sua dal titolo “Taranto Story” dove ripercorre la sua lunga carriera riproponendo il teatro dei suoi esordi e i personaggi di un genere ormai tramontato cioè la sceneggiata. La sua carriera, Nino, l’ha terminata insieme al fratello Carlo, sulle tavole del Sannazaro nella compagnia di Luisa Conte con interpretazioni che hanno avuto dell’eccezionale. Infine, il comico, il cantante, il macchiettista, lo straordinario attore, in una parola l’artista, Nino Taranto, si spense a Napoli il 23 febbraio del 1986.
A me nisciuno me fa fesso!
La Macchietta
Piccerella,piccerè

Si nata comme a me napulitana
ma 'mpietto tien' 'o core furastiero,
mo c' 'o blue-jeans fai l'americana
e t' he 'mparata a ddì pure Y LOVE YOU.

Piccerè , piccerè ,
tu si nata dint' 'o vico 'e Scassacocchio,
Piccerè , piccerè ,
nun te credere ca i' sò nu battilocchio;
i' te saccio e te strasaccio,
tu si 'a figlia 'e Mastu Ciccio
ca venneva int' 'a Arenaccia
pesce fritto e baccalà
mo vuò fà Miss Universo,
tu si nata 'o mese 'e marzo,
sient' a me ca è tiempo perzo,
va, vattene addu mammà
Piccerè , piccerè ,
cagne strada, cagne strada,
siente a me.

Vuò fà tremila cose ogne mumento,
c' ' o motoscafo 'o sci pe 'ncoppa all'acqua,
'o sabato po' vai a fà 'o week-end
e te trattiene fin' 'o lunnedi.

Piccerè , piccerè ,
tu si nata dint' 'o vico 'e Scassacocchio,
Piccerè , piccerè ,
nun te credere ca i' sò nu battilocchio;
i' te saccio e te strasaccio,
tu si 'a figlia 'e Mastu Ciccio
ca venneva int' 'a Arenaccia
pesce fritto e baccalà
mo vuò fà Miss Universo,
tu si nata 'o mese 'e marzo,
sient' a me ca è tiempo perzo,
va, vattene addu mammà
Piccerè , piccerè ,
cagne strada, cagne strada,
siente a me.