Enrico Caruso
 
Nasce nel 1873 a Napoli, dove i genitori, originari del casertano, si erano trasferiti per lavoro.

All’età di dieci anni fa apprendistato come metalmeccanico nella ditta dove lavora il padre; frequenta anche una scuola serale, dove mette in evidenza buone doti come disegnatore.

La scoperta e il consolidarsi delle potenzialità della propria voce però, dopo le iniziali esibizioni presso stabilimenti balneari e salotti napoletani, lo indirizzano ben presto verso le recite teatrali.

Prende lezioni di canto, e fa il suo esordio al teatro Nuovo di Napoli nel 1895, con l’opera “ L’Amico Francesco” di Domenico Morelli.

Negli anni successivi si esibisce nei teatri delle principali città d’Italia. (A Livorno nel 1897, incontra Ada Giachetti, da cui avrà due figli).

Nel 1900 debutta alla Scala di Milano con Bohème, diretta da Arturo Toscanini, dopo aver cantato precedentemente anche a San Pietroburgo e Buenos Aires.

E’ avviato alla celebrità, ma proprio nella città natale, in cui avrebbe voluto trovare definitiva consacrazione, sarà discusso.

Al teatro San Carlo, nel Dicembre 1901, canta in Elisir d’Amore e Manon, ma non è apprezzato da una parte del pubblico.

Ancor più, lo addolorano le parole di un noto critico, che scrive d’aver sentito cantare con voce da baritono . . . . . .

Sembra che per questo, giurasse di non esibirsi più a Napoli; di fatto avverrà così.

Caruso reagisce all’episodio aumentando l’impegno per migliorarsi professionalmente, e arricchendo il repertorio.

Contemporaneamente, si apre alle novità tecnologiche che interessano il settore.

Per primo infatti “incide” arie d’opera, operazione che contribuirà non poco a popolarità e successo negli anni successivi.

Nel Novembre del 1903 debutta al “Metropolitan” di New York con “Rigoletto”, ottenendo grande successo; vi farà 18 stagioni.

In questo spazio di tempo, porterà la sua arte nei più importanti teatri d’Europa.

Nel 1918 si sposa con Dorothy Benijamin da cui avrà una figlia, (il rapporto con la Giachetti era finito nel 1908) e gira due film per una casa cinematografica americana.

Poi la malattia polmonare, che lo costringe all’interruzione durante una recita, nel 1920.

Operato, si reca in convalescenza a Sorrento, ma ha una nuova ricaduta.

Trasportato a Napoli, all’albergo Vesuvio, vi muore nell’Agosto 1921.

La leggenda di una voce
'O sole mio

Che bella cosa una giornata di sole,
un'aria serena dopo la tempesta!
Per l'aria fresca sembra gia' festa...
che bella cosa una giornata di sole!

Ma un'altro sole
piu' bello non c'e'
il sole mio
e' in fronte a te

Luccicano i vetri della tua finestra,
una lavandaia canta e si vanta...
mentre strizza, stende e canta.
luccicano i vetri della tua finestra!

Ma un'altro sole
piu' bello non c'e'
il sole mio
e' in fronte a te

Quando viene sera ed il sole tramonta,
mi assale la malinconia...
Resterei sotto la tua finestra,
quando fa sera ed il sole tramonta.

Ma un'altro sole
piu' bello non c'e'
il sole mio
e' in fronte a te

'o sole mio

Che bella cosa è na jurnata 'e sole,
n'aria serena doppo na tempesta!
Pe' ll'aria fresca para gia' na festa...
Che bella cosa na jurnata 'e sole.
Ma n'atu sole
cchiu' bello, oi ne',
'o sole mio
sta nfronte a te!

Luceno 'e lastre d''a fenesta toia;
'na lavannara canta e se ne vanta
e pe' tramente torce, spanne e canta,
luceno 'e llastre d''a fenesta toia.

Ma n'atu sole
cchiu' bello, oi ne',
'o sole mio
sta nfronte a te!

Quanno fa notte e 'o sole se ne scenne,
me vene quase na malincunia;
sotta 'a fenesta toia restarria
quanno fa notte e 'o sole se ne scenne.

Ma n'atu sole
cchiu' bello, oi ne',
'o sole mio
sta nfronte a te!